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Magazzeno Art Gaze, Via Testoni 5/D; dal 14 ottobre al 29 novembre 2025.

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Icona chip non è un errore grossolano, ma l’anagramma di Pinocchia che, per un gioco di mera assonanza, diventa un’icona da poco, popolare, in un ossimoro stridente e ammiccante. Ma perché Pinocchia? Cosa ci fa qui questa impostora?

La storia è lunga e anche molto affascinante.

Incominciamo dall’inizio: nel 1881 Carlo Collodi scrive Pinocchio che, nel vasto immaginario collettivo plasmato da questa fiaba, incarna il desiderio di crescere, di conquistare l’umanità attraverso la prova dell’esperienza e della vita vera. Ma nel secondo ‘900 questo archetipo viene ribaltato dalla figura di Pinocchia, nella quale la trasformazione non riguarda soltanto il genere della protagonista, ma anche il significato morale e sociale del racconto. La burattina diventa una metafora del corpo femminile.

Pinocchia attraversa le epoche come una figura di frontiera: insieme favola e provocazione, satira e confessione, corpo e linguaggio.

La versione certamente documentata di Pinocchia nasce in Francia nel 1979, con testi di Francis Leroi e disegni di Jean-Pierre Gibrat, pubblicata da Éditions du Fromage / Les Humanoïdes Associés. È una parodia erotico-fiabesca che rilegge Collodi in chiave ironica e libertina, collocandosi nella tradizione dell’“érotisme graphique” francese degli anni ‘70. Attorno a questa versione francese si è sviluppata nel tempo una sorta di leggenda: alcuni articoli italiani degli anni ‘80 (su riviste come Eureka e Fumo di China) hanno ipotizzato l’esistenza di una Pinocchia precedente, disegnata o rimaneggiata da Hugo Pratt negli anni ‘50 o ‘60.

A distanza di vent’anni, il nome Pinocchia riaffiora in Italia con la pièce teatrale di Stefano Benni dove i simboli collodiani vengono riscritti in chiave contemporanea: il Paese dei Balocchi diventa la televisione, Mangiafuoco un impresario senza scrupoli, il Gatto e la Volpe agenti pubblicitari: tutto è apparenza, consumo, spettacolo. Pinocchia, consapevole della propria artificialità, sceglie di restare di legno, perché solo così può rifiutare l’ipocrisia del mondo che la circonda. L’essere burattina diventa una forma di autenticità: meglio essere un artificio che conosce la propria menzogna, che una creatura vera costruita dalle menzogne altrui.

Da icona erotica a simbolo politico, Pinocchia sceglie la propria forma per essere libera. Perché oggi, per restare umani, bisogna accettare di essere diversi.

Il concetto di corpo come linguaggio di ribellione e liberazione lo ritroviamo nel lavoro di Margherita Paoletti (Fabriano, 1990), che da anni esplora l’identità femminile, la corporeità e le sovrastrutture sociali attraverso la sua ricerca. Come in Pinocchia le opere di Paoletti mettono in scena la tensione tra creazione e controllo: la figura femminile non è mai passiva, ma agente attivo che rinegozia la propria forma e il proprio ruolo nello spazio sociale. Il corpo diventa manifesto, simbolo e amuleto, così come il legno di Pinocchia diventa metafora della scelta consapevole di restare fedele a se stessa.

Analogamente ZED1 ( presentato da Bonobolabo) lavora sul corpo e sulla figura umana trasformandola in emblema di libertà e ironia, usando spesso un linguaggio satirico e provocatorio. Le sue opere urbane (così come le sue opere da esposizione) giocano con l’idea di trasformare lo spazio pubblico in un teatro di messaggi critici e dissacranti. Come nel fumetto francese, il messaggio si costruisce attraverso la manipolazione della forma e del contesto: la figura diventa strumento di critica sociale attraverso il gioco e la seduzione visiva, per arrivare ad una narrazione critica che non sia spicciola retorica.

I due artisti presenteranno una vasta serie di opere originali recenti, alcune inedite. Non mancheranno serigrafie e incisioni in edizione limitata dei lavori più emblematici. Margherita Paoletti sarà presente all’inaugurazione.

SHORT BIO

Margherita Paoletti nasce a Fabriano nel 1990. Artista, illustratrice e designer, dopo un diploma allo IED di Roma ha proseguito la sua ricerca muovendosi per il mondo, dal BTK a Berlino e alla Central Saint Martin’s a Londra, passando per l’ISIA di Urbino e arrivando a due residenze artistiche rispettivamente in Estonia e in Giappone. Si muove con disinvoltura tra pittura, disegno digitale, modellazione ceramica e anche in diverse tecniche incisorie, come l’acquaforte e la linoleografia. La sua ricerca parte dal corpo femminile (che diventa poi corpo universale) e la relazione di quest’ultimo con la Natura, la società, la vita e la morte, i simboli e i rituali nelle diverse culture. Vive e lavora a Trento.

Marco Burresi, in arte ZED1, nasce a Firenze nel 1977 e si diploma in graphic design alla scuola Lucrezia Tornabuoni nella stessa città. ZED1 è uno street artist che, da quasi 30 anni, calca la scena italiana e internazionale. Grazie a uno sviluppo costante della tecnica, il suo stile si evolve parallelamente al suo lavoro di writer, che lo ha portato a dipingere treni, muri e superfici di ogni genere. Seguendo la sua predilezione per l’immaginario, riesce a creare un mondo di marionette umanoidi che, nella loro illusoria sterilità, interagiscono con l’ambiente circostante, toccando temi importanti in modo lievi e canzonatorio. ZED1 si muove, attraverso una raffinata danza di forme e colori, in un surrealismo post-moderno che rimanda a una consapevolezza lucida, a volte malinconica, a volte straordinariamente ironica.

INFO UTILI

Inaugurazione:
martedì 14 ottobre ore 18:00/21:00

ORARI
Martedì e Venerdì dalle 16:00 alle 20:00; mercoledì e sabato dalle 10 alle 13 e dalle 15:30 alle 19:00.

Dal 14 ottobre al 29 novembre 2025. Via Testoni 5/D, Bologna.

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