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14 giornate di programmazione, 60 appuntamenti, 9 prime nazionali, 20 spettacoli di danza, 18 titoli cinematografici, 5 party, 4 progetti in rete e molto altro ancora.

Il Festival Internazionale Gender Bender segna un momento unico nel calendario culturale della città di Bologna, offrendo uno spaccato articolato sulle diverse discipline della produzione culturale, dalla danza al cinema alle arti visive e all’editoria. Non solo: Gender Bender traccia una mappa sempre nuova all’interno della città, mettendo in connessione spazi istituzionali e associativi, storici o inediti, in pieno centro e in periferia. La 21° edizione del festival si terrà in 13 spazi della città dal 31 ottobre all’11 novembre 2023.

La 21esima edizione del festival si apre con la sezione cinema, che torna nelle sale del Cinema Lumière, in piazzetta Pasolini, e punta su un classico perfetto per la notte di Halloween: The Rocky Horror Picture Show.

A pochi passi dal Lumière si trova DAS, il centro di ricerca e produzione artistica in via del Porto, che sarà il Centro Festival e ospiterà numerosi appuntamenti: tra i tanti, Hunter Filmed l’installazione audiovisiva onirica con la quale Oona Doherty, Leone D’argento alla Biennale Danza, traduce in video il suo spettacolo Hope Hunt and the ascension into Lazarus, portato in scena, sempre all’interno del festival, da Sati Veyrunes. L’appuntamento è in programma al TPO, spazio autogestito appena fuori dalla cinta muraria, erede della stagione dei centri sociali bolognesi.

Sotto le Torri, in Strada Maggiore, c’è invece Spazio Labo’, che dal 26 ottobre per tutta la durata del festival ospiterà I want you to know my story, la prima mostra personale in Italia dell’artista statunitense Jess T. Dugan: autoritratti, ritratti di persone e coppie, nature morte e una serie di scritti diaristici per riflettere sulle trasformazioni che definiscono le nostre esistenze.

Lì vicino, in via San Vitale, si trova Atelier Sì, luogo di teatro e di scambio, che apre le porte a Nulle part est un endroit, conferenza danzata della performer Nach che mostra la storia e i movimenti del krumping, dirompente danza urbana nata nei sobborghi di Los Angeles come forma di protesta della comunità afro-americana.

Dalle Torri alla periferia, si fa rotta verso il Pilastro, dove ha sede DOM: lì va in scena I’ll do, I’ll do, I’ll do, lo spettacolo di Dewey Dell in cui il corpo della danzatrice incarna l’archetipo della dea-strega e ci guida in un viaggio di trasfigurazione.

Si trova invece nella periferia nord della città, nel cuore del quartiere Navile, la Sala Centofiori, dove è in programma IDA don’t cry me love, spettacolo della coreografa belga Lara Barsacq, un singolare manifesto femminista che attraverso una danza ironica e giocosa celebra la figura rivoluzionaria di Ida Rubinstein, musa di Sergej Diaghilev e leggendaria danzatrice dei Balletti russi.

Il programma completo sul sito www.genderbender.it